Milano – Associazione a delinquere aggravata dalle finalità di agevolare la cosca mafiosa Bellocco, rappresentata con un ruolo attivo all’interno del gruppo ultrà da Antonio Bellocco, ucciso lo scorso 4 settembre da Andrea Beretta, proprio al culmine di dissidi sorti nella gestione degli affari economici connessi al tifo organizzato. È questa l’accusa agli indagati riferibili al direttivo della Curva Nord di fede interista come precisa la Procura, che esclude invece dall’indagine sia lo spaccio (nonostante molti degli indagati abbiano precedenti specifici) e attività legate agli eventuali nuovi impianti sportivi in costruzione in città (nuovo Meazza, ma anche San Donato e Rozzano). “Alcuni dei proventi” delle attività criminali “sono poi andati in qualche maniera in favore, come nel più classico schema delle organizzazioni criminali anche di stampo mafioso, in favore di soggetti detenuti”, fanno sapere gli inquirenti.
I profitti delle associazioni a delinquere, si specifica nelle ordinanze di custodia cautelare, riguardavano “il merchandising, la rivendita dei biglietti, gli ingressi illegali nello stadio di tifosi che non erano muniti di biglietto e che venivano fatti entrare e pagavano tra virgolette il biglietto non alla società ma agli esponenti della curva”. Promotori dell’associazione a delinquere, oltre allo scomparso Bellocco, Beretta e Marco Ferdico, che aveva accolto Bellocco a Milano dalla Calabria. Il direttivo a tre, così composto dopo l’omicidio di Vittorio Boiocchi (lo “Zio”, ex capo della curva interista, freddato con alcuni colpi di pistola nel 2022 dopo che, uscito di galera, aveva ripreso a gestire gli affari in curva) aveva permesso di arginare la pretesa di altri soggetti, anch’essi riferibili a sodalizi mafiosi, a compartecipare agli introiti economici derivanti dalla gestione della curva.
A carico degli indagati, vengono ipotizzati, oltre ai reati di rissa, lesioni personali, percosse e resistenza a pubblico ufficiale, commessi in occasione di manifestazioni sportive, anche episodi estorsivi connessi alla vendita dei biglietti ad altri gruppi ultrà organizzati, all’esecuzione di servizi di catering in realtà mai effettuati e strumentali al pagamento di fatture per operazioni inesistenti e quello di intestazione fittizia di beni. Una seconda ipotesi di reato associativo semplice viene contestato ai vertici del tifo organizzato milanista, la Curva Sud, il cui “promotore e organizzatore” è Luca Lucci. Anche a tale struttura associativa vengono contestati, oltre a numerosi episodi di violenza organizzata, commessi non solo in occasione di manifestazioni sportive, ma anche su commissione e per finalità ritorsive, ipotesi estorsive ai danni di una cooperativa addetta ai servizi di vendita e facchinaggio all’interno dello stadio, costretta a versare somme di denaro accantonate attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
“Non ce ne importa proprio nulla della campagna acquisti, non mi importa nulla della squadra, non faccio le cose per lo striscione, non me ne frega proprio niente, nessuno lavora per il popolo. Volete andare in curva a cantare, a me non interessa, se io lo faccio deve esserci un rientro economico”. Questa è un’intercettazione di un capo ultras che affiora dalle indagini della Procura di Milano, citata dal procuratore capo Marcello Viola, secondo cui emerge “dalle indagini il fatto che i vertici delle due tifoserie avessero siglato una sorta di patto di non belligeranza che era evidentemente teso a massimizzare i profitti illeciti“. “Il fine, lo scopo dell’azione di alcuni di questi soggetti”, ha concluso sul punto Viola, “era legata a una passione di tipo puramente sportivo per mera ragione di facciata”.