Roma – “Purtroppo, quando si tratta di malattie infettive o di tossinfezioni alimentari, non abbiamo mai la garanzia che la situazione non si aggravi. Ci può essere una condizione nella quale si può anche rischiare la vita perché in quel momento magari l’organismo non reagisce come dovrebbe e non sempre abbiamo gli strumenti farmacologici necessari per bloccare le infezioni, soprattutto se virali. Il bambino ha avuto un’intossicazione alimentare ma le conseguenze sarebbero potute essere anche più gravi”. Lo spiega all’agenzia Dire la dottoressa Valentina Grimaldi, pediatra di famiglia alla Asl Roma 2, consigliere dell’Ordine dei Medici-chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma e psicoterapeuta dell’età evolutiva, commentando quanto accaduto a un bambino di 9 anni finito in ospedale dopo aver mangiato formaggio a latte crudo, tipico del Trentino.
Il caso è stato segnalato dal Dipartimento di prevenzione di dell’Azienda prevenzione per i servizi sanitari (Apss) di Trento. Il piccolo è rimasto intossicato da un’infezione intestinale causata dal batterio Escherichia coli, “un batterio patogeno estremamente diffuso- prosegue la pediatra- che troviamo in numerosi contesti e che può essere responsabile di tutta una serie di infezioni”.
“Il latte crudo- evidenzia Grimaldi- è un latte non pastorizzato, ovvero che non subisce il processo della pastorizzazione. Sostanzialmente è il latte munto dalla mucca, nel cui intestino possono però essere presenti dei batteri o virus. Ma mentre per l’animale questi batteri o virus possono non essere patogeni, nei bambini o in alcune persone più fragili, con un sistema immunitario meno competente, immunodepressi, possono essere causa di tossinfezioni alimentari. Ecco perché è fondamentale il processo della bollitura e della pastorizzazione del latte crudo“.
“Oggi- ricorda la pediatra- andiamo molto alla ricerca del naturale e del biologico. Questo va bene, ma non ci dobbiamo dimenticare che i numerosi progressi fatti ed i tanti passi avanti compiuti nella lotta alle malattie infettive sono avvenuti grazie a una serie di procedimenti dell’industria alimentare che ci garantiscono la sicurezza a tavola”.
Valentina Grimaldi lancia poi un messaggio a mamme e papà. “È giusto recuperare un’alimentazione più naturale, prediligendo gli alimenti di stagione, i cibi semplici e meno elaborati, ma i genitori non devono dimenticare le insidie che si possono nascondere nella ‘natura’: il latte munto dalla mucca e somministrato direttamente al bambino può essere una fonte di infezione se non viene bollito o pastorizzato. Così come può accadere con altri alimenti raccolti nei campi, se non si lavano accuratamente o non si cuociono”.
“Tra l’altro- tiene a precisare l’esponente dell’Omceo Roma– credo che gli stessi produttori debbano scrivere sull’etichetta che questi formaggi vengono fatti con latte crudo, proprio per informare correttamente il consumatore e tutelarlo. Voglio anche ricordare che sul sito del ministero della Salute c’è un’intera pagina dedicata a questa tematica con risposte pronte alle domande più frequenti dei cittadini”.
“Da medico- conclude Valentina Grimaldi- vorrei che le persone recuperassero la fiducia nelle istituzioni, senza demonizzare troppo le cose, non sempre il naturale è sinonimo di salutare, vorrei ricordare che in Italia abbiamo una normativa molto severa che tutela la filiera alimentare per adulti e bambini (baby food) e garantisce al cittadino di mettere in tavola cibi sicuri per tutta la famiglia”.