Fano (PU) – Il 24 marzo è partita la campagna nazionale di Confcommercio, “Il futuro non (si) chiude” per far sentire la voce delle imprese che vogliono ripartire e allo stesso tempo per sottolineare la necessità di sostegni più robusti per fare fronte alle enormi difficoltà economiche che le chiusure hanno procurato da un anno a questa parte.
Anche secondo la Presidente di Confcommercio Fano Barbara Marcolini la questione prioritaria è quella di tornare a lavorare. “Dal Presidente Draghi ci aspettavamo un intervento coraggioso per salvare le nostre imprese, le nostre famiglie e i nostri dipendenti; in sostanza per salvare il sistema Italia basato su micro e piccole imprese a carattere familiare. Un intervento che purtroppo ancora non vediamo. “. Il rischio è la chiusura di circa 300 mila imprese del terziario e 200 mila partite Iva. L’anno scorso sono andati persi quasi 130 miliardi di consumi, circa duemila euro a testa. Il lockdown di marzo e aprile rischia di causare una perdita di oltre 15 miliardi di euro e ad essere colpiti sono soprattutto il settore non alimentare e nello specifico il retail della moda, l’abbigliamento, le calzature e l’oreficeria.
“Per chi è sul campo come me – continua Barbara Marcolini – e incontra tutti i giorni i colleghi imprenditori e ascolta numeri e bilanci disastrosi, sembra che la distanza tra noi e la lentezza e poca efficacia delle azioni fin qui intraprese si faccia abissale. Tutti mi dicono la stessa cosa: gli indennizzi per le chiusure non sono più sostenibili. Ecco perché i nostri imprenditori, tutti gli imprenditori, si aspettano non solo un più robusto sostegno economico in tempo reale, ma anche la prospettiva di un ritorno alla normalità perché altrimenti non ce la si fa. Il sistema imprenditoriale non regge più”.
“Per quanto riguarda il tema dei sostegni – riferisce la Presidente Marcolini – i nostri uffici locali ci dicono che la percentuale delle aziende che ne potrà beneficiare si aggira attorno al 60/70 % con una media di 3000/3500 euro per ditta; quindi, la stragrande maggioranza delle imprese commerciali non ne potrà beneficiare; insomma, una montagna che ha partorito un topolino. Serve ben altro alle nostre aziende chiuse per decreto e non per nostra volontà, per fronteggiare un’epidemia che dopo un anno ancora non sembra passare. Poi c’è un problema legato ai costi per le imprese rimaste chiuse: dalle locazioni ai finanziamenti. Chiediamo che possano essere sospesi, almeno fino a quando le imprese non potranno ripartire in piena normalità. Bene ha fatto Confcommercio nazionale che insieme ad Abi hanno chiesto alle istituzioni europee e italiane la proroga delle moratorie in essere e l’introduzione di nuove, nonché una durata dei prestiti con garanzia pubblica di non meno di quindici anni. E senza che tutto ciò comporti classificazioni critiche o addirittura un default dei debitori.
La richiesta pressante e ormai non più dilazionabile per Barbara Marcolini è “la necessità di superare il modello “più chiusure”, puntando su “più vaccini”. Per il decollo della campagna vaccinale, le nostre associazioni e le nostre imprese sono pronte a fare la propria parte. Ma è indispensabile il massimo sforzo in questo senso da parte delle amministrazioni centrali e locali, senza distinzioni di colori o partiti. Solo arrivando ad una copertura vaccinale la più estesa possibile e nel più breve tempo è possibile che i nostri associati superino, sebbene a fatica, questo momento”.