

Roma – Due giorni dopo la realtà, in Asia, è solo una stima per approssimazione. Un violentissimo terremoto di magnitudo 7,7 ha colpito il Myanmar centrale venerdì, radendo al suolo edifici, abbattendo monumenti storici e devastando intere aree urbane. L’epicentro, localizzato a pochi chilometri da Mandalay, ha scatenato il caos in un Paese già stremato dalla guerra civile. Secondo le stime dell’United States Geological Survey (USGS), ci potrebbero essere più di 10.000 unità vittime, a causa dell’alta densità abitativa e delle strutture fatiscenti nelle zone colpite. Il governo militare ha fornito un primo bilancio ufficiale di 144 morti e oltre 700 feriti, chiaramente al ribasso.
L’onda sismica ha scosso un’area vastissima, colpendo anche Bangladesh, Vietnam, Thailandia e Cina meridionale. A Bangkok, un grattacielo in costruzione di 33 piani è crollato, uccidendo almeno otto operai e lasciando decine di dispersi. La capitale thailandese è stata dichiarata “zona di emergenza”. Come ha detto qualcuno: è come se un terremoto in Sicilia fosse così forte da devastare Monaco di Baviera. Altri hanno ricalcolato l’intensità in parametri più vicini ai nostri: è stato 300 volte più potente di quello di Amatrice.
A Mandalay, il principale ospedale cittadino è stato preso d’assalto dai feriti, con medici e infermieri sopraffatti dall’afflusso. Le immagini che arrivano dal Myanmar mostrano un paese in ginocchio: il ponte Ava, una storica struttura metallica, è crollato nel fiume Irrawaddy; monasteri e stupa secolari sono stati ridotti in macerie; i residenti, troppo spaventati per tornare nelle proprie case, hanno improvvisato rifugi di fortuna nelle strade.
Il sisma arriva in un momento drammatico per il Myanmar, già provato dal conflitto tra la giunta militare e i ribelli. L’ONU stima che prima del terremoto 20 milioni di birmani fossero già senza cibo e riparo adeguati. In passato, il regime ha limitato l’accesso agli aiuti internazionali, ma questa volta ha dichiarato lo stato d’emergenza e chiesto sostegno alla comunità globale. António Guterres, segretario generale dell’ONU, ha annunciato un primo stanziamento di 5 milioni di dollari per gli aiuti umanitari. Gli Stati Uniti hanno promesso supporto, mentre i soccorritori denunciano difficoltà nelle operazioni a causa delle interruzioni alle linee elettriche e di comunicazione, spesso orchestrate dalla stessa giunta per soffocare il dissenso.