Roma – Non solo dovrà risarcire con 5.000 euro l’Associazione nazionale per la lotta alle discriminazioni, ma dovrà anche dimostrare all’organizzazione, che l’ha portata in Tribunale a Busto Arsizio, di aver abbandonato ogni ‘pratica discriminatoria’ nella selezione del personale, organizzando anche corsi di formazione aziendali obbligatori per tutti i dipendenti, pena 100 euro di ‘multa’ per ogni giorni di ritardo. A distanza di due anni dall’intervista ‘incriminata’ arriva il redde rationem per la stilista bolognese Elisabetta Franchi.
Era il maggio del 2022 e durante un talk organizzato da Il Foglio e PwC, Franchi si era lasciata andare a una serie di considerazioni sulla selezione del personale femminile nella sua azienda che provocarono indignazione e un terremoto comunicativo. “Quando metti una donna in una carica importante, se è molto importante non ti puoi permettere di non vederla arrivare per due anni. Io le donne le ho messe perché sono ‘anta’, se dovevano sposarsi lo hanno già fatto, se dovevano avere figli li hanno già fatti, se dovevano separarsi hanno già fatto anche quello. Per cui io le prendo che hanno fatto tutti i giri di boa, sono lì belle tranquille con me, al mio fianco, e lavorano h24“, disse la stilista, polverizzando in pochi secondi decenni di lotte femminili.
Dopo la condanna social, immediata e senza appello, arriva anche quella in tribunale, firmata dalla giudice del lavoro Francesca La Russa che sancisce il “carattere discriminatorio” delle parole pronunciate dall’amministratrice della società Betty Blue, condannandola a corrispondere un risarcimento di 5.000 euro (oltre a 3.500 euro di spese legali) all’Associazione nazionale per la lotta alle discriminazioni.
Non solo, Franchi dovrà pubblicare a sue spese il dispositivo del giudice su uno dei maggiori quotidiani nazionali. Il giudice, infine, ordina all’azienda di “promuovere, sentita l’associazione ricorrente, un consapevole abbandono dei pregiudizi di genere, età, carichi e impegni familiari nelle fasi di selezione del personale per le posizioni di vertice, con adozione, entro sei mesi, di un piano di formazione aziendale sulle politiche discriminatorie che preveda corsi annuali” obbligatori per tutti i dipendenti.