DIRE – È guerra globale (a colpi di dazi): Trump attacca Cina, Canada e Messico
- 2 Febbraio 2025
Roma – “Non inizierò le guerre ma le fermerò, tutte”: lo aveva promesso nel discorso di inizio mandato, ma si è già rimangiato tutto. Ma è anche vero che Donald Trump, 47° presidente degli Stati Uniti non lo aveva specificato, nel suo intervento programmatico, che nelle sue intenzioni, facevano eccezione le guerre commerciali. E così ha spinto il bottone e fatto partire il suo attacco. Ieri l’annuncio: Trump imporrà tariffe del 25% sulla maggior parte delle importazioni da Canada e Messico, una tariffa del 10% sui prodotti energetici canadesi e un’ulteriore tariffa del 10% sulla Cina.
TRUMP: “TARIFFE PER PROTEGGERE GLI AMERICANI”
Ha già firmato l’ordine esecutivo per l’imposizione delle tariffe a partire da martedì 4 febbraio. “Le misure di oggi sono necessarie per mettere Cina, Messico e Canada davanti alla loro responsabilità di non aver fermata l’ondata di farmaci velenosi negli Stati Uniti”, afferma la Casa Bianca su X riferendosi al fentanyl, la droga più potente dell’eroina che ha ucciso milioni di persone negli Usa. Ha anche accusato il Messico di avere “un’alleanza con i cartelli della droga”. “Durante la campagna elettorale ho promesso agli americani che li avrei protetti dal flusso di migranti illegale e droghe. E’ il mio dovere e hanno votato a larga maggioranza per questo”, ha scritto Trump sui social dopo la firma. Anche il New York Times ci dice “come stanno le cose”: “Sabato il presidente Trump ha dato seguito alla sua minaccia di imporre tariffe elevate a Messico, Canada e Cina, preparando il terreno per una guerra commerciale destabilizzante con i maggiori partner commerciali degli Stati Uniti. Le tariffe avrebbero dovuto iniziare martedì”.
LE REAZIONI
Ma i Paesi target non stanno a guardare: all’indomani dell’offensiva dei dazi statunitense, annunciano una strategia di ritorsione tariffaria. “Messico e Canada hanno immediatamente promesso di imporre tariffe proprie”, riporta infatti il NYT.
CANADA
Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha annunciato tariffe di ritorsione a partire dal 25 percento su circa 20 miliardi di dollari di beni statunitensi martedì, con altri 85 miliardi di dollari in arrivo entro tre settimane”. In particolare, il governo canadese ha identificato una lista di prodotti americani da penalizzare con la ritorsione, che includono il succo d’arancia e gli agrumi della Florida, più liquori e altri beni di regioni chiave per i successi elettorali di Trump. Non solo: La sua ex ministra delle Finanze, Chrystia Freeland, ha sollecitato il premier Trudeau a colpire il ‘primo alleato’ di Trump, imponendo dazi al 100% sulle Tesla. Considerando che in Canada il mercato dell’auto elettrica è più grande di quello degli Usa, 17% del totale contro l’8%, e che Tesla è l’azienda leader, ci si aspetta che Elon Musk non resti indifferente alla minaccia ritorsiva.
CINA
La risposta della Cina: ha annunciato che risponderà ai dazi americani del 10% sui propri prodotti . Per il momento non ha specificato che contromisure intende prendere ma assicura che saranno e finalizzate a salvaguardare fermamente i suoi diritti e interessi. Il ministero del Commercio di Pechino ha inoltre anticipato l’intenzione di denunciare gli Usa al Wto, Organizzazione mondiale del commercio, per quella che ha definito “una grave violazione»” delle regole sul commercio internazionale. E ha replicato alle accuse sul fentanyl: il suo ministero degli esteri cinese ha infatti ricordato le rigide normative imposte sulle sostanze correlate al fentanyl nel 2019, anticipando sui tempi gli stessi Stati uniti.
MESSICO
“Respingiamo categoricamente le accuse della Casa Bianca contro il governo messicano, secondo cui avrebbe alleanze con organizzazioni criminali”, così come qualsiasi intenzione di intervento nel nostro territorio”, al contrario” se da qualche parte esiste un’alleanza del genere, è proprio negli arsenali degli Stati Uniti che vendono armi ad alta potenza a questi gruppi criminali”: in un lungo post su X la presidente messica Claudia Sheinbaum respinge così alle “calunnie” arrivate da Washington. Ed chiarisce che il Messico non è stato con le mani incrociate: “In quattro mesi, il nostro governo ha sequestrato più di 40 tonnellate di droga, tra cui 20 milioni di dosi di fentanyl. Ha inoltre arrestato più di diecimila persone legate a questi gruppi”. Diversamente, chi dovrebbe intervenire – e meglio- nella lotta allo spaccio, dovrebbero essere proprio gli americani: Sheinbaum fa un lungo elenco degli interventi mai messi in campo dall’amministrazione Usa: “L’uso e lo spaccio di droga rappresentano un problema nel vostro Paese e un problema di salute pubblica che non è stato ancora affrontato”. Insomma, meglio che Trump guardi e casa propria, sarebbe il suo messaggio. Ma non solo, la presidente tende pure una mano, nel rispetto della sovranità reciproca: “Se gli Stati Uniti vogliono combattere i gruppi criminali che trafficano droga e generano violenza, dobbiamo lavorare insieme in modo integrato, ma sempre secondo i principi di responsabilità condivisa, fiducia reciproca, collaborazione e soprattutto rispetto della sovranità, che è non è negoziabile. Coordinamento sì; subordinazione, no”. E finisce per proporre al Presidente Trump di “istituire un gruppo di lavoro con i nostri migliori team di sanità pubblica e sicurezza”. Perché “i problemi non si risolvono imponendo tariffe, ma parlando e dialogando come abbiamo fatto in queste settimane con il suo Dipartimento di Stato per affrontare il fenomeno delle migrazioni; nel nostro caso, nel rispetto dei diritti umani”, conclude Sheinbau.
E L’UE?
“Dazi all’Ue? Certo che lo farò, l’Europa ci ha trattato malissimo”: questa – per ora- la minaccia di Donald Trump ai Paesi del Vecchio continente, in risposta alle domande dei cronisti sulle intenzioni di imporre tariffe sulle importazioni anche dall’Unione europea, dopo l’entrata in vigore dal 1° febbraio di quelli nei confronti di Canada, Messico e Cina. Parole a cui l’Ue ha risposto che “resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri interessi legittimi”. Mentre Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione, ha messo le mani avanti: “Ai dazi serve una risposta unitaria”, ha detto, temendo trattative e attivismi dei singoli Paesi che si possano poi poi tradurre in “dazi asimmetrici”.