Roma – Sono arrivati a quota 232 i casi di epatite acuta ad eziologia sconosciuta in bambini di età pari o inferiore a 16 anni segnalati al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). A riportarlo è un report pubblicato oggi sul portale dell’Ecdc che sottolinea come la maggior parte (75,9%) dei casi riguardi bambini che hanno meno di 5 anni.
Dei 232 casi segnalati, 229 sono classificati come probabili e tre come correlati epidemiologicamente. Dei 229 casi probabili, 122 sono guariti mentre 18 rimangono in cura. Le segnalazioni arrivano in tutto da 14 paesi e riguardano: Regno Unito (131 casi), Spagna (26), Italia (24), Belgio (12), Svezia (9), Danimarca (6), Irlanda (6), Paesi Bassi (6), Norvegia (5), Cipro (2), Grecia (2), Polonia (1), Serbia (1),Slovenia (1).
Dei 143 casi con informazioni, 22 (15,4%) sono stati ricoverati in un reparto di terapia intensiva. Dei 98 casi per i quali queste informazioni erano disponibili, sei (6,1%) hanno ricevuto un trapianto di fegato. C’è stato un decesso associato a questa malattia.
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Complessivamente, 151 casi sono stati testati per l’adenovirus con qualsiasi tipo di campione, di questi 90 (59,6%) sono risultati positivi. Il tasso di positività era il più alto nei campioni di sangue intero (68,9%). Dei 173 casi testati per il Sars-CoV-2, 20 (11,6%) sono risultati positivi. Il report precisa che “i risultati sierologici per il Sars-CoV-2 erano disponibili solo per 19 casi, di cui 14 (73,7%) avevano un risultato positivo. Dei 56 casi con dati sulla vaccinazione Covid-19, 47 (83,9%) non erano vaccinati”.
Nell’ultima settimana l’Ecdc ha registrato una sola segnalazione, ma “poiché l’epatite grave può richiedere del tempo per svilupparsi dopo l’insorgenza dei primi sintomi e poiché le indagini richiedono tempo, potrebbe esserci un ritardo nelle segnalazioni”, precisa il report. Dunque “la recente diminuzione dei casi è difficile da interpretare”.
L’ULTIMA IPOTESI
L’Ecdc comunque sta lavorando in stretta collaborazione con i paesi coinvolti, l’Organizzazione mondiale della sanità e altre parti interessate nell’indagine sull’eziologia della sindrome. Secondo l’ultima valutazione rapida del rischio, “l’attuale ipotesi principale è che un cofattore che colpisce i bambini piccoli con un’infezione da adenovirus, che sarebbe lieve in circostanze normali, scateni un’infezione più grave o un danno epatico immuno-mediato”, spiega il report.
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Altre eziologie (es. altri agenti infettivi o tossici) “sono ancora oggetto di studio e non sono state escluse ma sono considerate meno plausibili. La patogenesi completa della malattia non è ancora chiara. La malattia è rara e le prove sulla trasmissione da uomo a uomo rimangono poco chiare, i casi nell’Ue/See sono quasi del tutto sporadici. Di conseguenza, il rischio per la popolazione pediatrica europea non può essere valutato con precisione”, conclude il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.