DIRE – Manchester City: al via il processo che potrebbe “rompere” il calcio
- 16 Settembre 2024
Roma – E’ il primo titolo che troverete sulle pagine sportive d’Europa: in Inghilterra parte oggi “il processo che potrebbe cambiare il calcio”, con il Manchester City accusato di 115 violazioni delle regole finanziarie della Premier League. Quello è solo l’innesco, perché tante e tali sono le possibili ripercussioni del contenzioso giudiziario che, a cascata, potrebbe venir giù tutto (o risolversi in un enorme sbuffo istituzionale, a beneficio del pericolante status quo politico ed economico).
Sintetizzando molto: il City, accusato di non rispettare i limiti che la Premier cerca di stringere attorno ai club troppo ricchi per salvaguardare l’interesse della competizione, vuole a sua volta far saltare le regole che determinano il giusto valore per gli accordi commerciali. Senza quelle regole il calcio (tutto, non solo quello inglese) si trasforma in un liberi tutti di spese sfrenate per chi ha ricchezze illimitate. Nella fattispecie si chiamano tecnicamente transazioni con parti correlate (Apt).
Il City è accusato di aver gonfiato il valore degli accordi di sponsorizzazione come mezzo per immettere nelle casse del club più denaro da parte dei suoi stessi proprietari, tra le altre cose. E’ un processo “sismico”, indipendentemente dal verdetto. Nelle 14 stagioni coperte dalle accuse, il City ha vinto sette titoli di Premier League, sei Coppe di Lega, tre FA Cup e la Champions League. Poi dopo ha vinto un’altra Premier League, la Supercoppa Uefa e la Coppa del Mondo per Club. La rosa del City vale più di 1 miliardo di sterline.
E quindi, ora che succede? Su istruzione della Premier League, Murray Rosen KC ha selezionato tre persone per formare la commissione indipendente che ascolterà le accuse, con un membro di questo collegio che deve essere un esperto finanziario. Le udienze saranno condotte privatamente e, sebbene non ci sia una tempistica formale, gli esperti legali ritengono che ci vorranno almeno due mesi. Quando la commissione pubblicherà il suo verdetto, entrambe le parti potranno rivolgersi a un collegio di appello e, dopo questo, all’arbitrato. Secondo le regole di associazione della Premier League, nessuna delle parti ha la possibilità di rivolgersi al Tas.
Secondo la regola W.51 del manuale della Premier League, la commissione ha la capacità di imporre una vasta gamma di sanzioni contro qualsiasi club che abbia infranto le regole. Queste includono multe, penalizzazione di punti e sospensione, o persino l’espulsione dalla competizione. Ciò lascia aperta anche la possibilità che il City venga privato dei suoi titoli.
Ma non è così semplice. Perché il City è un club di stato, ricco e potentissimo. Che non ha proprio intenzione di subire e basta. E che ha tutte le capacità per rilanciare. Dall’acquisizione del 2008 da parte di Abu Dhabi, i ricavi commerciali del City sono aumentati da 26 milioni di euro (ultima stagione prima della vendita), a 399 milioni di euro nell’ultimo audit di Deloitte.
Il City vuole eliminare la supervisione sugli affari dei club enti di Stato come con Etihad o Sela e altri dall’Arabia Saudita per il Newcastle, distruggendo la ragnatela del Fair Play della Premier, le cosiddette regole di profitto e sostenibilità (Psr). Significa che club come il City non avrebbero più alcun limite, potrebbero ingaggiare giocatori semplicemente per fare in modo che altri non possano averli.
Cadrebbe tutta l’impalcatura del calcio inglese, e dello spirito sportivo in generale. Perché molto banalmente senza incertezza non c’è interesse, e senza interesse non ci sono gli accordi di trasmissione su cui la Premier League ha costruito il proprio potere. Il City, peraltro, è già adesso la squadra più dominante nella storia del campionato di calcio inglese. Tutto ciò che il resto del gioco gli chiede è che rispettino le regole.