M5S: “L’assessore Mascarin riduca le tariffe per le mense scolastiche”
- 14 Dicembre 2017
Fano (PU) – Il Movimento 5 Stelle chiede la riduzione delle tariffe riguardanti le mense scolastiche. “Alcuni servizi comunali – dicono – rivestono un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento di un tessuto sociale sano ed integro, soprattutto in periodi di crisi economica, e tra questi rientrano sicuramente quelli detti “a domanda individuale”, ovvero le mense scolastiche, gli asili nido, il trasporto scolastico, le case di riposo, e così via. Il costo di questi servizi, in considerazione della loro valenza sociale, viene suddiviso tra una quota pagata dall’utente del servizio (tramite la cosiddetta “retta”), ed una quota finanziata dal Comune”.
“Dopo aver considerato che la Giunta del Sindaco Seri ha aumentato le tariffe per tali servizi rispettivamente dello 0,8% nel 2015, dell’1% nel 2016 e dell’1,5% nel 2017 (percentuali superiori al tasso di inflazione) lo scorso mese ci siamo permessi di fare osservare all’amministrazione comunale ed alla pubblica opinione che il Comune addirittura è riuscito a fare la cresta sul servizio di refezione scolastica, facendo pagare ai genitori dei bambini fanesi che usufruiscono del servizio addirittura più di quello che è costato al Comune il servizio stesso: circa 55 mila euro in più nel 2015 (+3,41%), e addirittura 220 mila euro in più nel 2016 (+14,34%). In media circa 140 euro a bambino più del dovuto”.
“L’assessore ai servizi educativi Mascarin ci ha risposto piccato, accusandoci di “superficialità e disinvoltura” asservite all’obiettivo di “attivare tra le famiglie allarmi inesistenti”. E questo perché, secondo lui, avremmo considerato “solo i costi diretti del servizio, e non i costi indiretti, relativi al personale comunale utilizzato per lo scodellamento e quello per l’organizzazione del servizio”, oltre a non aver considerato i costi “per la manutenzione delle attrezzature e dei locali che ospitano cucine e refettori, fatturazione e riscossione, software e servi informatici dedicati”.
“L’assessore non si è reso conto che rispondendo in tal modo stava accusando di superficialità e disinvoltura non noi, ma i servizi finanziari del Comune che hanno predisposto i documenti da noi esaminati”.
“Abbiamo infatti replicato all’assessore che i dati da noi riportati non ce li siamo inventati, ma sono quelli pubblicati dal Comune nei documenti di bilancio sulla base delle disposizioni di Legge (vedi art. 6, D.L. 55/1983, e art. 172 comma 1 lett. e) D.Lgs. n. 267/2000) che prevedono che: “Le province, i comuni, i loro consorzi e le comunità montane sono tenuti a definire, contestualmente alla deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale”, ovvero costi che devono includere “tutte le spese per il personale comunque adibito anche ad orario parziale, compresi gli oneri riflessi, e per l’acquisto di beni e servizi, comprese le manutenzioni ordinarie. I costi comuni a più servizi vengono imputati ai singoli servizi sulla base delle percentuali stabilite con la deliberazione di cui al primo comma”;
come peraltro prevede la sentenza del TAR Piemonte n. 1365 del 31 luglio 2014, proprio in un caso riguardante le mense scolastiche: “La qualificazione del servizio quale servizio pubblico a domanda individuale sta a significare che l’ente locale non ha l’obbligo di istituirlo ed organizzarlo. Se però decide di farlo, è tenuto per legge, nel rispetto del principio di pareggio di bilancio ad individuare il costo complessivo del servizio, includendo sia i costi diretti effettivamente pagati per l’erogazione del servizio, sia quelli indiretti rappresentati dalle spese per il personale comunque adibito al servizio, anche ad orario parziale, compresi gli oneri riflessi, nonché dalle
spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi e per le manutenzioni ordinarie, in secondo luogo stabilire la misura percentuale di tale costo finanziabile con risorse comunali, e quindi, correlativamente, a stabilire la residua misura percentuale finanziabile mediante tariffe e contribuzioni a carico diretto dell’utenza”.
“Per i suddetti motivi abbiamo osservato che qualora, come sostenuto da Mascarin, i dati pubblicati dal Comune fossero incompleti in quanto mancanti dei costi indiretti, il fatto sarebbe stato ancor più grave, perché in tal caso il Comune non avrebbe ottemperato agli obblighi di legge riguardanti l’informativa finanziaria, pertanto avremo investito della questione il responsabile comunale dei servizi finanziari e, se del caso, la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti”.
“Ebbene, a seguito di accesso agli atti, il responsabile degli uffici finanziari del Comune ci rassicura sul fatto che l’informativa pubblicata, cui noi abbiamo fatto espresso riferimento, è completa ed include tutto quanto indicato dalle norme di legge, ovvero i costi complessivi del servizio, diretti ed indiretti, fornendoci le voci dettagliate per gli anni 2015 e 2016. Tali voci includono, oltre il costo dell’appalto e del personale comunale addetto, anche le quote parte degli ammortamenti dei beni comunali interessati al servizio, delle manutenzioni ordinarie dei suddetti beni, delle utenze telefoniche e del gas, degli automezzi utilizzati, e persino gli oneri di riscossione delle rette”.
“All’assessore Mascarin pertanto torniamo a suggerire meno arroganza e maggiore prudenza nelle risposte, data anche la sua delega alla trasparenza. Anche perché la sua controreplica non è altro che un arrampicarsi sugli specchi, volendo mettere una pezza peggiore del buco, riferendosi a una mezza frase del nostro comunicato e non sulla veridicità dei dati. Se prima di rispondere avesse letto bene i documenti e consultato gli uffici competenti, magari avrebbe scoperto che il Comune, per il servizio di mensa scolastica, nel 2015 e nel 2016 ha semplicemente speso molto di meno di quanto avevano previsto (e nel 2016 anche incassato di più), con un effetto certamente positivo per le finanze dell’Ente, ma che ha visto il Comune non solo non contribuire alla spesa, ma costringere le famiglie a pagare di più del costo complessivo sostenuto per il servizio, cosa che secondo noi non dovrebbe avvenire. Il risparmio è virtuoso se si abbassano le tariffe: in realtà il 2015 non ha insegnato nulla (un preventivo di 1.704.198 euro contro una spesa finale di 1.593.841 euro) poiché il preventivo 2016 è ancora superiore (1.750.190 euro contro una spesa finale di 1.532.739 euro). Sembra esserci una volontà perversa per fare la cresta sulle tariffe mensa”